I RALLY RAID

Il mito Dakar

Correva l’anno 1977 e il giovane pilota francese Thierry Sabine, mentre stava partecipando ad una tappa del rally Abidjan-Nizza in sella alla sua Yamaha XT500, smarrisce la strada e si perde in pieno deserto. Per tre giorni e tre notti rimane isolato in mezzo al nulla fino a quando non viene miracolosamente localizzato e soccorso sano e salvo. Quei lunghi momenti di solitudine passati in un mare di sabbia lo avevano cambiato e conquistato, il silenzio del deserto, interrotto solo dal vento che modella le dune, gli avevano aperto nuovi orizzonti, nuovi obiettivi, vere e proprie visioni che avrebbe poi trasformato in realtà e che avrebbero segnato la storia dell’intero Motorsport.

Già sulla via del ritorno in aereo Thierry Sabine iniziava ad immaginare una gara per mezzi a due e quattro ruote che non si era mai vista prima. Un rally dal percorso a dir poco folle, con partenza nel centro di Parigi e arrivo, dopo circa tre settimane, sulle spiagge bianche e assolate di Dakar, capitale del Senegal. Un vero e proprio raid dove la resistenza e l’abilità del pilota, unite alle performance e alla robustezza del mezzo, sarebbero state messe a dura prova da difficoltà a dir poco estreme. Una grande opportunità per i partecipanti per misurarsi con i propri limiti, in una miscela di fascino e di avventura. “Una sfida per quanti partecipano” era il suo credo… “ma anche un sogno per chi sta a guardare”.

Con grande abilità Thierry riusciva a concretizzare in breve tempo quella che poteva sembrare solo una visione e riuscì a trovare i finanziamenti necessari alla realizzazione del suo progetto. Dopo neanche un anno dall’idea la Parigi-Dakar poteva già dirsi una realtà. Addirittura all’ombra della Tour Eiffel, il 26 dicembre 1978, ben 182 veicoli di ogni tipo si presentano alla partenza, piloti più o meno esperti e tanti semplici amatori, uniti da una grande voglia di avventura e… anche da una buona dose di incoscienza. Il menù infatti prevedeva oltre 10.000 Km attraverso Francia, Algeria, Niger, Mali, Alto Volta (oggi Burkina Faso) e Senegal. Assistenza meccanica poca o nulla, clima feroce anche in pieno inverno, la bussola e le stelle come uniche guide.. e la voglia di arrivare a tutti i costi come obbiettivo assoluto. Alla fine solo in 74 raggiunsero la spiaggia del lago Rosa, pochi chilometri a nord di Dakar, Cyril Neveu il nome del primo vincitore in sella a una Yamaha XT500, motociclista francese che negli anni a venire avrebbe legato indissolubilmente il suo nome alla competizione, vincendone diverse edizioni.

La prima Parigi-Dakar aveva iniziato ad attirare l’interesse dei mass media già dopo i primi giorni di gara. Iniziarono i giornali, poi anche radio e TV si mostrarono sempre interessati a questa gara “anomala” , ed anche sul territorio gli abitanti si rivelano entusiasti, da Algeri ad Agadez, da Niamey a Bamako, nelle oasi e nei villaggi sperduti che lambiscono il deserto, è un tripudio di gente che mai aveva assistito a uno spettacolo del genere. Anche se l’organizzazione di Sabine è ancora piuttosto “approssimativa”, la competizione acquisisce fama e popolarità e, prima ancora che finisca, la Parigi-Dakar è già entrata nella leggenda.

Le edizioni successive vedono un crescendo costante di partecipanti, da ogni nazione e con ogni mezzo dai camion ai sidecar, dai 4×4 ad auto 2RM. Cresce anche l’interesse del pubblico e dei mass media che iniziano a coprire con maggiore visibilità la competizione e naturalmente anche i finanziamenti e gli sponsor crescono in proporzione, ma Thierry Sabine riesce a gestirli con sapienza e abilità. La voglia di avventura attraverso il deserto contagia svariati piloti già affermati e famosi provenienti dalle varie discipline, come gli ex-Formula Uno Jacky Ickx, Clay Regazzoni, Patrick Tambay, Henri Pescarolo e Jacques Laffitte. Ma sono anche i personaggi famosi e del jet set che attirano con le loro partecipazioni ancor di più l’interesse globale anche se spesso per le loro disavventure, come Mark Thatcher, figlio dell’allora primo ministro britannico (che si perderà per tre giorni nel deserto), la rock star Johnny Halliday, gli attori Claude Brasseur e Renato Pozzetto,i campioni di sci Jean-Claude Killy e Luc Alphand (che vincerà addirittura un’edizione).

Non mancano naturalmente gli incidenti, quasi tutte le edizioni sono segnate da vittime ma, paradossalmente, è proprio questo che attira la gente e Sabine lo sa benissimo: “Se non c’è rischio, non c’è nemmeno senso di mettere in piedi la corsa”. Parole che sembravano prevedere il suo funesto destino, il 14 Gennaio 1986 l’elicottero con il quale era solito seguire la gara si schianta al suolo e con lui decedono altre 5 persone. Ma la gara si ferma solo il giorno successivo, poi riprende come niente fosse, come Therry avrebbe voluto. Successivamente le sue ceneri vengono disperse sotto l’acacia dal tronco contorto che cresce solitaria nel Ténéré nigerino, conosciuto da lì in avanti come l’albero Thierry Sabine e da allora “meta di pellegrinaggio”.

La Dakar è sempre più “leggenda” e, naturalmente, continua anche senza il suo ideatore e lo fa con successo sempre più marcato. Anno dopo anno il percorso prende a variare, anche in modo considerevole, spesso a causa delle difficili situazioni politiche di alcuni paesi che ne sconsigliano l’attraversamento. Ma ci sono anche ragioni di business a obbligare l’organizzazione a studiare itinerari inediti con le partenze da Granada, Lisbona o Barcellona e gli arrivi a Città del Capo, Il Cairo o Sharm el-Sheikh.
La prima svolta storica arriva nel 2008 quando per una minaccia terroristica gli organizzatori sono costretti a non far partire la gara quando tutta la carovana era già pronta per l’imbarco. Dall’anno successivo il rally-raid si sposta in Sud America, perdendo parte del suo storico fascino, per poi spostarsi ancora, nel 2020, nella penisola arabica, cambiando nel frattempo la sua denominazione in Rally Dakar, mantenendo, seppur in chiave moderna, gran parte della durezza della gara originale.
Ma l’Africa non è stata abbandonata del tutto, grazie ad un manipolo di ex piloti che hanno fatto la storia della manifestazione, guidati da Jean-Louis Schlesser, è nata nel 2009 una nuova gara denominata AfricaEcoRace che ripercorre a grandi linee gli storici percorsi delle prime Parigi-Dakar e, rispetto al Rally Dakar, “emigrato” in altri continenti, offre ritmi meno esasperati con tutto lo storico fascino dell’Africa.